"Le tasse sulla casa? Le deciderà un algoritmo. Un termine inquietante di per sé ma che quando è legato al Fisco preoccupa ancora di più. Questo però è lo scenario che si prospetta se l'esecutivo, come sembra probabile, inserirà nel pacchetto sulle semplificazioni fiscali della prossima settimana anche la delega per il riordino del Catasto. Preannunciata nella conferenza stampa di fine anno dal presidente del Consiglio, la modifica si propone di rendere più equi i criteri di ripartizione tra contribuenti dell'imposizione fiscale. La strada identificata consisterebbe nel legare gli imponibili ai valori di mercato, approfittando del fatto che l'Agenzia del territorio monitora ogni sei mesi l'andamento dei prezzi di case, uffici, negozi e laboratori in tutta Italia.
Che vi sia un problema di equità nella definizione degli estimi è innegabile: i dati sulla cui base si calcolano le imposte risentono del tempo (sono stati definiti nel 1992, in previsione della nascita dell'Ici) e hanno un peccato originale: il dato base di estimo è dato dal reddito (teorico) ricavabile dalla locazione di un immobile; non importa se il proprietario poi quel reddito non lo ricava perché il suo guadagno è costituito dall'affitto risparmiato... Non sfugge alla regola nemmeno la neonata Imu: la rendita base per il calcolo dell'imponibile è sempre quella del 1992, rivalutata del 5% e moltiplicata per 160 (anziché per 100 come avveniva con l'Ici).
Con tutte le riserve dovute al fatto che si tratta di medie all'ingrosso, una semplice analisi su dati rilasciati dall'Agenzia del territorio mostra i termini della questione: il valore di mercato della casa tipo in Italia è più alto del 267% rispetto al valore catastale del medesimo appartamento. A Napoli e a Palermo il gap è addirittura attorno al 400% (o per dir la stessa cosa in altri termini: per il Fisco una casa vale un quinto rispetto al mercato), a Milano la differenza è del 172,7%, a Roma del 252%...
Sarà quindi identificata una procedura matematica per ricondurre i valori fiscali attuali a quelli di mercato redistribuendo i carichi tributari. Per illustrare il concetto torniamo alla nostra tabella delle città: abbiamo visto che ai fini Imu in Italia la differenza media è del 128%, a Milano il valore scende al 70% e a Napoli sale al 212%. Significa che a Milano l'imponibile Imu dovrebbe scendere e a Napoli salire per arrivare in entrambi i casi a far pagare le tasse che si pagherebbero oggi con un gap del 128% rispetto al mercato. Già così l'operazione si prospetta cervellotica ma si complica ancora di più se si considera che all'interno delle singole realtà urbane ci sono spesso nelle zone centrali differenze superiori anche il 500% tra i valori reali e quelli che il Fisco computa attualmente mentre nelle periferie non è raro il caso in cui catasto e mercato vanno a braccetto. Per finire, la ciliegina sulla torta: i valori di mercato indicati dall'Agenzia del territorio non sono ancora davvero attendibili. Basta guardare la tabellina dei valori medi per dimostrarlo: Milano costa in media meno di Bologna, Firenze, Genova, o Napoli."
La prima cosa che mi è venuta in mente leggendo questo articolo è "ma non dovevamo semplificare?". Concordo sulla necessità di allineare il valore catastale a quello di mercato. Questo per due motivi principali: equità e trasparenza. Banalmente ho pensato che per determinare il valore catastale una soluzione potrebbe essere quella di legare il costo di costruzione medio (deprezzato per la vetustà) all'incidenza del terreno (tale dato può essere desunto dai valori delle aree edificabili indicato da ciascun comune).
Sempre sul medesimo tema segnalo l'articolo comparso oggi su Il Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-03-26/nuovo-catasto-taglia-disparita-063727.shtml?uuid=AbiNz8DF
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