Questo in sintesi l'articolo comparso qualche giorno fa su La Repubblica:
Imu, rivalutazione delle rendite, riforma degli estimi. Il pacchetto casa si arricchisce di nuove ipotesi ripartendo dalla proprietà per ridare fiato a lavoratori e imprese e alleggerire così Irpef e Irap.
Vale 60 miliardi ed è nascosto negli oltre 33 milioni di unità abitative esistenti in Italia (di cui 30 intestate a persone fisiche). A tanto ammontano le tasse annue sugli immobili - Irpef, imposte indirette sui trasferimenti e Ici - che lo Stato potrebbe recuperare se aggiornasse le rendite catastali (base di calcolo di quelle imposte) e riportasse così il valore di abitazioni, pertinenze e altri fabbricati a quello di mercato.
Valore che nel 2009 era pari a circa 3,7 volte il corrispondente fiscale. Per colmarlo si dovrebbe mettere mano a una rivoluzione: la riforma delle tariffe d'estimo, ferme al 1990 (ma per legge si dovrebbero rivedere ogni dieci anni) e dunque ai prezzi e alla redditività delle abitazioni del 1988-89 (leggere a tal proposito il comunicato Ansa del 24/11).
Ma è a questa rivoluzione che il governo Monti potrebbe puntare. Per riequilibrare e adeguare - guardando all'equità - il contributo dei proprietari di immobili alla fiscalità generale. Che appunto vale 60 miliardi (precisamente 59,858 miliardi), secondo quanto calcolato dal tavolo guidato da Vieri Ceriani, funzionario
generale di Bankitalia, e composto da 31 sigle del mondo produttivo e sindacale, in vista della riforma fiscale.
La "rivoluzione" degli estimi - lunga nella sua gestazione, si parla di anni - non esclude tuttavia il pacchetto complessivo di interventi, a cui probabilmente si accompagnerà: dalla reintroduzione dell'Ici sulla prima casa, trasformata in Imu (Imposta municipale unica, anticipata al 2012, aliquota del 6,6 per mille, abbinata alla Res, l'imposta su Rifiuti e servizi al 2 per mille), fino a una più immediata e spendibile rivalutazione delle rendite.
La sola Ici vale 3,5 miliardi l'anno di gettito aggiuntivo. Con le rendite elevate del 50 per cento (oggi la percentuale di rivalutazione è ferma al 5 per cento) siamo a 11,2 miliardi. Del 100 per cento, a 20 miliardi. Del 150 per cento a 28,3 miliardi. Aumenti che, nelle ipotesi circolate finora, dovrebbero comunque essere mitigati, quasi calmierati, per tener conto del reddito complessivo del contribuente o del numero di immobili posseduti. Proprio per restituire "equità" a un prelievo di certo non gradito - visto che il 79 per cento delle famiglie italiane è proprietario di casa - e che oggi esclude proprio le prime case.
Aggiornare i valori catastali, in un modo o nell'altro - rivalutandoli o adeguandoli al mercato - vuol dire accrescere in modo proporzionale i relativi tributi. La rendita dell'immobile - anche ora che l'Ici sulla prima casa non si paga - va comunque dichiarata e fa lievitare il reddito complessivo del contribuente. A una rendita maggiore, corrisponderà una base imponibile maggiore (ed è per questo che il tavolo di Ceriani include anche le rendite non aggiornate tra le forme di "erosione" fiscale).
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